Ceramica
L’Arte della Ceramica in Abruzzo
La storia della maiolica in Abruzzo comincia nel basso Medioevo, quando alla più antica tradizione produttiva di ceramica altomedievale locale, si affianca quella di ceramica rivestita di smalto stannifero; la cosiddetta maiolica, che ha origine nell’ambiente islamico occidentale. Quest’arte possiede origini antichissime, ma è divenuta celebre nel Cinquecento.
L’Abruzzo ci regala moltissimi esempi di pregiato artigianato relativo alla lavorazione della ceramica e furono proprio la buona fattura delle maioliche, le decorazioni vivaci, ma anche l’economicità dei prodotti, dovuta a innovativi sistemi produttivi, che fecero della regione abruzzese.
Intere generazioni di artisti artigiani che tramandano le ricercate tecniche di padre in figlio realizzano, ancora oggi, oggetti unici nel loro genere; inizialmente l’argilla veniva estratta dalle cave, raffinata per essere lavorata, rifinita, cotta ed infine decorata.
La cottura era la fase più delicata in quanto i materiali necessitavano di una determinata temperatura ed i forni chiaramente non erano dotati di termometri.
Sono due le province che si possono distinguere per il trascorso legato alla storia della ceramica: quella di Teramo (TE) con la nota Castelli sotto le pendici del Gran Sasso e quella di Chieti (CH) legata alla tradizione ceramista di Rapino, nata alle falde del massiccio della Majella, che grazie alla natura ricca di acqua ed argilla ha favorito la nascita delle botteghe di ceramica.
Oltre Castelli e Rapino vanno, inoltre, ricordate Anversa degli Abruzzi, Tagliacozzo, Lanciano, Bussi, Torre de’ Passeri, Atri, L’Aquila, Palena dove dalle loro fornaci uscivano altrettanto eccellenti manufatti in ceramica.
Castelli
Il più famoso centro di produzione della ceramica e della maiolica in Abruzzo è da sempre il piccolo borgo di Castelli. Le origini di quest’arte sono antiche: la produzione è stata favorita dalla presenza dei monaci benedettini che in tempi remoti si stabilirono nei pressi di questo agglomerato di case alle falde del Gran Sasso.
La chiesa cinquecentesca di San Donato a Castelli costituisce, assieme al coevo vasellame
farmaceutico denominato Orsini-Colonna, il punto di partenza ideale di una produzione successiva
che godette di grandissima fama, in Italia e all’estero; tanto che una delle raccolte più importanti di
ceramiche di Castelli è oggi conservata al museo dell’Ermitage, a San Pietroburgo.
I primi reperti datati risalgono al XV secolo ma non è possibile dare una data esatta su quando la
produzione ceramica sia davvero cominciata.
La famiglia Grue fu quella che più di tutte influenzò le regole della ceramica castellana con Carlo Antonio, il maggiore esponente. Nella decorazione erano utilizzati solamente cinque colori (giallo, verde, azzurro, arancio e bruno manganese) pur con tutte le sfumature, con l’assenza del rosso che venne introdotto alla fine del 1700 da Gesualdo Fuina di Loreto Aprutino.
A partire dal seicento, oltre ad avere un occhio attento alle tonalità utilizzate, sempre più importanza ricoprivano le decorazioni che, oltre ai tradizionali fiori, presentavano scene mitologiche e di caccia, paesaggi e animali. Inoltre, una delle più grandi chiavi del successo delle ceramiche di Castelli risiede nel suo forno di cottura, chiamato “a respiro”, in quanto dalla camera di combustione le fiamme producono una sorta di sibilo. Questo innovativo tipo di forno, alimentato secondo una sapiente tecnica con la legna dei boschi circostanti, oggigiorno non è più molto utilizzato in quanto è stato soppiantato dai forni elettrici ed a metano.
Oltre i Grue tra i gruppi familiari più importanti che produssero ceramiche di Castelli, a partire dal Cinquecento fino all’inizio dell’Ottocento vanno ricordate le seguenti famiglie: De Dominicis, Fuina, Gentili (conosciuta anche come Gentile), Paolini e Pompei.


Rapino
Nella provincia di Chieti, posto ai piedi della Majella, abbiamo Rapino che merita un posto di tutto rilievo tra i centri ceramici storici dell’Abruzzo.
Vi operò Fedele Cappelletti, considerato il maggior pittore di maioliche in tutto il
Meridione; furono attivi anche i Cascella, gloriosa famiglia di artisti pescaresi; sempre a Rapino vennero prodotte dai Bozzelli e dai Bontempo quelle maioliche “destinate a decorare le pareti e a rendere festose le mense delle case borghesi” (Franco G.Maria Battistella).
Tra l’800 e il ‘900, Rapino fu un importante centro di produzione di ceramica popolare,
il primo della regione per la lucentezza degli smalti, la vivezza dei colori e la bellezza dei decori.
Nel 1821 troviamo a Rapino il primo ceramista, Raffaele Bozzelli, che abitava nella Strada del Borgo di San Rocco, un agglomerato di case che poi diventerà il ‘quartiere’ dei ceramisti.
La produzione ceramica dell’Ottocento di Rapino è oggi piuttosto rara, perché si attestò su livelli quantitativamente modesti. Le più antiche produzioni, quindi, risalgono agli anni ’40 e ’50 dell’Ottocento ed è caratterizzata da boccali, brocche, zuppiere… Ma i risultati migliori si ebbero negli anni ’60 e ’70 con una produzione che raggiunse una propria originalità soprattutto nella produzione di Fabio Cappelletti, in cui sono presenti piatti decorati a fiori policromi.
Della produzione di fine Ottocento e inizi Novecento, ricordiamo piatti, brocche, boccali, zuppiere, borracce decorati con uccellini sul ramoscello, fiori eseguiti a pennello e a stampino. In seguito, la decorazione si arricchirà di nuovi motivi, come il decoro “a tovaglia” ed il gallo. Buona parte della produzione ceramica riguardava i boccali che i pellegrini in visita al santuario dedicato a San Rocco nella vicina Roccamontepiano utilizzavano per attingere l’acqua alla fonte miracolosa.
Negli anni ’20 e ’30 si ebbero nuove tipologie: infatti la produzione popolare iniziò ad essere apprezzata e sostenuta anche da un’ampia fascia borghese. Così i decori fino a quel momento caratteristici del vasellame popolare, si presentarono su servizi da tavola, da tè, da caffè, da frutta…destinati alle sale da pranzo delle case borghesi.